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A spasso fra basolato e sampietrini

  • Immagine del redattore: Francesca M. Pedullà
    Francesca M. Pedullà
  • 15 gen 2015
  • Tempo di lettura: 3 min

Nel quotidiano ripercorre il tappeto multiforme di sampietrini che formano un mare nero di basalto, capita frequentemente di tralasciare parte di quell'indagine storica che ci indirizza all'apprendimento consapevole di una delle radici prime della nostra memoria geologica e quindi storica: la conoscenza delle nostre strade e non solo in senso toponomastico. È in effetti dal profondo del nostro territorio che possiamo risalire verso le origini della nostra terra, attraverso quella complessa stratificazione creatasi in epoca preesistente alla fondazione di Roma. A partire da 560.000 anni fa, una prima attività vulcanica trasformò il territorio fra la bassa valle del Tevere (il Paleotevere) e la Pianura Pontina, in un vero e proprio oceano di lava, lapilli e ceneri. Il fenomeno fu talmente eclatante da forgiare e improntare di se l'orografia del territorio una volta per tutte. Della grandissima quantità di rocce generatasi da tale attività, gli Etruschi prima e i Romani in seguito, hanno fatto immenso tesoro. A quei tempi i nostri antenati avevano già compreso le proprietà di materiali quali il tufo, il peperino, la pozzolana e il basalto. Fra tutte le opere, le strade forse costituiscono una delle prove inconfutabili dell'abilità creativa degli ingegneri romani. Per il sistema viario vennero utilizzate molteplici rocce vulcaniche e tecniche ancora oggi visibili lungo le vie consolari fra cui l'Appia Antica, che ancora oggi costituisce l'esempio più affascinante di tracciato romano. Il basolato, tipico delle strade repubblicane ed imperiali, ci parla non solo di vulcani, ma anche di uomini, architetti specializzati ed operai che nei secoli hanno intessuto con intelligenza una ragnatela di strade per collegare Roma a tutto il mondo conosciuto. La strada, rigorosamente tracciata, attraverso angoli e rettilinei pressoché perfetti, era eseguita con molteplici materiali edili fra cui il basalto, a vista, e la pozzolana utilizzata per il calcestruzzo con cui si realizzavano strati man mano più compatti e stesi al di sopra di quel invaso di pietrisco razionalmente allettato, fino ad una profondità di 9 metri. Oggi, nelle cave di basalto vediamo uomini con strumenti moderni, impiegare giorni a tagliare pietre, immaginiamo 2000 anni fa cosa poteva comportare il rivestire strade lunghe miglia, che si estendevano da una parte al’altra dell’Impero. Quel materiale così duro ha una proprietà che lo contraddistingue rispetto agli altri materiali, quello di assumere levigatezza con l’attrito dei carri e di adattarsi quindi perfettamente alle sollecitazioni dei mezzi che lo attraversano. Fu così che fra il Medioevo ed il Quattrocento, pur mutando le forme e la disposizione degli elementi, il materiale edile rimase sempre quello estratto dalla cave di basalto presso la località Capo di Bove, situata sulla Via Appia a tre miglia da Roma. Nella seconda metà del Cinquecento prese avvio la realizzazione di un tipo di selciato molto simile per materiale a quello romano, ma assai diverso per forma: il sampietrino. L'elemento, ben noto agli abitanti della città eterna, è un blocchetto di forma tronco conica, il cui nome deriva direttamente dal luogo dove per la prima volta è stato utilizzato, la piazza antistante alla basilica di S. Pietro. Sarà una leggenda metropolitana, ma si dice che fu proprio papa Sisto V nel 1585 a volere una pavimentazione che assecondasse l'andare delle carrozze. Ma per vedere la città con i suoi 14 rioni pavimentata, i romani hanno dovuto attendere l'iniziativa di papa Clemente XII. Un intervento importante, e pertanto meritevole di menzione è quello successivo al 1870, quando subito dopo la Breccia di Porta Pia, vennero pavimentate alcune piazze monumentali e fra queste Piazza Navona e la sua celebre isola pedonale al centro dell'area. Ormai alla fine dell'Ottocento il sampietrino si era attestato e per le strade di Roma si era diffuso in tal misura che nel 1890, presso Montecompatri venne istituita una Associazione di Selciatori. Tale Associazione era composta da uomini che dall'Abruzzo si erano trasferiti presso i Colli Albani, in località Laghetto, con la finalità di prestare manodopera specializzata alla realizzazione dei meravigliosi mantelli di basalto, ancora oggi gioiello incompreso della nostra città. E' a loro che dobbiamo gli splendidi design a spina di pesce e a archi contrastanti. A loro dobbiamo riconoscere la pazienza nell'avere spezzato con semplici strumenti di legno i blocchi di basalto, al fine di non causarne la rottura innaturale. Ed è sempre a loro che riconosciamo il dono di aver posato, uno alla volta, i sampietrini su cui camminiamo e di averli battuti con mazzuoli di legno dentro la sabbia e la pozzolana per creare strade a dorso o a culla, flessibili ed ecosostenibili perché traspiranti. Ci hanno lasciato il ricordo di un'arte oggi del tutto perduta, i selciatori non esistono più, ma la loro memoria rimarrà sempre nello nostre passeggiate, nei nostri sguardi che, da oggi si soffermeranno su quelle linee perfette che, come invisibili percorsi nel tempo ci fanno sentire ancore di più parte attiva di questa città.

 
 
 
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