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Ponte Sant'Angelo: un percorso sospeso fra cielo e terra

Ponte Sant'Angelo è il luogo nel quale il miracolo diviene visibile. Era 130 d.C. quando Demetriano progettò il ponte per collegare il Mausoleo di Adriano con la riva sinistra del Tevere. Fu solo un evento prodigioso a trasformare la tomba in castello e il ponte in una futura Via Crucis. Avvenne infatti nel 590 d.C., dopo le impietose piene del Tevere, che a Roma infuriò la peste. Papa Gregorio Magno organizzò una processione e, mentre attraversava il ponte con i fedeli per portare a S. Pietro l'immagine della Salus Populi, vide venire dal cielo l'Arcangelo Michele colto nel gesto di rinfoderare la spada, a il segno della fine della piaga. Da quel momento il Mausoleo e il ponte assunsero la denominazione di S. Angelo. Il ponte è legato a molte vicende fra cui una delle più rinomate è quella risalente al 19 dicembre del 1450 quando, in occasione dell'Anno d'Oro, a causa di una mula imbizzarrita i parapetti del ponte cedettero e trecento persone, tre cavalli e la mula stessa morirono affogati. Ma il ponte non è unicamente menzionato come via dei pellegrinaggi, ma anche quale luogo dove i condannati a morte, usciti dall'antistante Palazzo Altoviti, erano impiccati. Per tale ragione avrete forse sentito parlare del famoso motto "Ce sò più teste mozze su le spallette che meloni al mercato". Con il sacco di Roma del 1527 il ponte e il castello vennero utilizzati come scene principali della scena e per 15 giorni Clemente VII rimase chiuso a Castel Sant‘Angelo. Ed ecco che nel 1669 e papa Clemente IX decise di rinnovare Ponte Sant'Angelo. Si trattava di un’operazione importante e a completamento del rinnovamento di tutta l'area Vaticana. Ponte S. Angelo significava il luogo sospeso dal quale vedere la cupola, prima di immergersi nelle viuzze di Borgo di S. Spirito, per rinascere in Piazza S. Pietro, ventre della Chiesa. Per i pellegrini, Ponte S. Angelo era metaforicamente il passaggio fra il mondo terreno e quello spirituale, il luogo nel quale meditare su Cristo, prima di pregare sulla tomba del primo papa.


E il Bernini, avvezzo alle simbologie, mise in opera una delle più stupefacenti metamorfosi della storia: un miracolo in cui tutti gli elementi convergono, per dare vita al suggestivo connubio fra luce e acqua, terra e cielo. Realizzò un nuovo parapetto per il ponte: un’armonica alternanza fra sottili grate ferrate e balaustrate in pietra. Qualche anno prima, passando lungo la Senna, Bernini aveva detto: «Io sono molto amico delle acque, fanno molto bene allo spirito». Allora Gian Lorenzo mise in scena una sinfonia di baluginii fatta di trasparenze e riflessi, di richiami fra cielo e fiume. "Sicut cervus desiderat ad fontes aquarum, ita desiderat anima mea ad te, Deus". Ecco che l'acqua ritorna a essere fonte di salvezza, percorso iniziatico verso Dio. La luce vi si contempla, rifrangendosi e moltiplicandosi, come semi di fede, tutt'attorno. E come attori principali di questa scenografia fantastica, ci sono gli angeli che portano gli oggetti legati alla passione di Cristo, in una sorta di Via Crucis. Essi partecipano del mistero in atto, elevandosi verso l'alto con le loro sagome serpentinate, quasi spettacolo gotico di valore trascendente, a comunicare l'elevata spiritualità del luogo. I panneggi degli angeli richiamano la Passione e per questo, il loro avvolgersi tormentosamente intorno ai corpi, suscita compassione e partecipazione, come in una tragedia greca. E come in una tragedia greca, a noi spettatori non resta che la possibilità di percorrere quello spazio come in una sorta di passaggio catartico, abbandonandoci al sublime mondo dei sensi.

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